A seguito dell’inchiesta della Procura di Potenza sul polo industriale di Viggiano che ha portato, come conseguenza politica, le dimissioni del ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi, l’assessore regionale all’ambiente, Antonietta Rizzo ha dato disposizioni all’Arpacal, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, affinchè disponga verifiche e controlli negli impianti della “Ecosistem srl” di Lamezia Terme, della “IAM SpA” di Gioia Tauro e della “Consuleco srl” di Bisignano dopo che dalle indagini è emerso che i rifiuti petroliferi speciali dell’impianto lucano sono stati trasportati e smaltiti proprio nei tre centri calabresi.
Secondo le ipotesi al vaglio dei magistrati lucani i rifiuti speciali pericolosi provenienti dall’impianto Eni sarebbero stati smaltiti anche dalle società calabresi come rifiuti non pericolosi dopo la modifica dei codici di identificazione.
La Ecosistem è una delle capofila nel sistema dei trasporti che ha permesso a Eni di risparmiare milioni di euro. La società, infatti, ha versato tra il 2013 e il 2014 – per smaltire i rifiuti classificati come “non pericolosi” – 21 milioni a Ireos e 11,4 milioni alle imprese del raggruppamento guidato da Ecosistem – si leggere su corrieredellacalabria.it – Questo escamotage, secondo la Procura di Potenza, avrebbe consentito un risparmio dei costi di smaltimento di alcune decine di milioni di euro.
Sono sei i calabresi indagati nello scandalo del Centro Oli di Viggiano. Si tratta degli amministratori della Ecosistem Salvatore Mazzotta, 43 anni, residente a Montepaone; Rocco Antonio Aversa, 53 anni, residente a Lamezia Terme; Antonio Curcio, 49 anni, residente a Lamezia Terme; di Giuseppe Fragomeni, 73 anni, e Maria Rosa Bertucci, 57 anni, rispettivamente amministratore unico e responsabile tecnico della Iam; e di Vincenzo Morise, 69 anni, amministratore unico della Consuleco.
“Quello dell’inchiesta della Procura di Potenza riguardante lo smaltimento dei rifiuti petroliferi Eni e che allarga i suoi orizzonti anche in Calabria, dove pare siano stati trasportati molti rifiuti pericolosi, è un fatto gravissimo e che non deve lasciare indifferenti i calabresi”. E’ quanto dichiara Mimmo Gianturco Coordinatore Regionale Sovranità-Prima gli italiani che aggiunge “Gli impianti coinvolti sarebbero quelli di Lamezia Terme, Gioia Tauro e Bisignano, e coinvolgerebbe un territorio vastissimo che comprende circa 500 mila calabresi, ossia un quarto della nostra regione.
L’emergenza ambientale nella nostra regione è sempre molto alta e la Regione Calabria negli anni è stata sempre incapace ad affrontare la problematica non riuscendo neppure a scrivere un Piano regionale dei rifiuti, l’ultimo e deleterio è del 2007, andando avanti alla cosiddetta carlona in questo settore, con ripetute proroghe atte a evitare solo un ritorno al commissariamento ma non incentrate invece a una risoluzione definitiva della problematica.
Spero che la magistratura possa fare chiarezza su quest’ennesima inchiesta che riguarda il traffico e lo smaltimento dei rifiuti pericolosi in Calabria, dai quali anche la ndrangheta ne trae beneficio, con una classe dirigente che non è in grado di venirne a capo. Non si può sicuramente accettare che su di una materia cosi delicata e che riguarda soprattutto la salute dei calabresi, le soluzioni siano ancora quelle di sempre, legate alla gestione delle emergenze, escamotage questo che permette la solita prassi della proroga alle aziende amiche dei soliti politici”.
Gianturco conclude “Il compito della politica è quello di trovare una valida alternativa, una soluzione definitiva al problema rifiuti in Calabria, attraverso anche una seria programmazione. Solo così potremo salvare la nostra splendida regione, ed evitare che questa diventi una vera e propria “Terra dei Fuochi”.